Nuovi prodotti, nuovi bisogni, spesso spinti da pubblicità patinate, spingono a sostituire prodotti perfettamente funzionanti. Ma tutto questo, alla lunga, non avrà un costo esorbitante per tutta la società?
La tecnologia ogni giorno decide di innalzare una asticella immaginaria creando incessamente nuovi bisogni, design e nuovi sogni nei consumatori. Dapprima lentamente, ma adesso sempre più velocemente ci ritroviamo con apparecchi tecnologici che durano sempre meno. In Germania è scoppiato uno scandalo quando si è saputo, da una ricerca universitaria, che almeno il 60% dei televisori sostituiti da nuovi modelli sono in realtà ancora perfettamente efficienti e funzionanti. La vita media dei televisori, negli ultimi anni, è passata da circa 9 anni a soli 5,6 anni, numeri che non mentono: è quasi la metà.
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Computer, lavatrici, lavastoviglie, aspirapolveri
Per non parlare poi dei computer, che ogni sette anni di media, perdono ben il 10% della loro longevità. In pratica significa che il Pc viene sempre più spesso sostituito anche quando funziona perfettamente e potrebbe essere utilizzato senza problemi per molto tempo ancora. Seguono questa modalità di sostituzione anche le lavatrici, lavastoviglie, aspirapolveri; sul mercato approdono sempre nuovi modelli che promettono prestazioni migliori e più efficienti, spingendo alla sostituzione prodotti che sono ancora utili nel proprio lavoro quotidiano e rendono difficile la manutenzione dei “vecchi” prodotti. Ogni nuovo modello ha un ciclo esistenziale più corto del precedente.
Obsolescenza programmata
Il termine è chiaro, si punta a far “invecchiare” precocemente i prodotti acquistati, un trucco vero e proprio per “costringere” i consumatori ad acquistare nuovi elettrodomestici ben oltre le proprie reali necessità. Le percentuali di spese di riparazione sono drasticamente diminuite, mentre gli acquisti di apparecchi elettronici sono aumentate. In Francia, ad esempio, il 44% degli elettrodomestici funzionanti finiscono direttamente nelle discariche. Una vera e propria civiltà dell’usa e getta che sta accelerando sempre più.
Sempre in Francia si sono resi conto di questa “obsolescenza programmata” dei prodotti ed hanno fatto una legge abbastanza severa che punisce i produttori di prodotti, se dimostrato, che “programmano” intenzionalmente la durata di un apparecchio. Le multe arrivano fino a 300 mila euro e 2 anni di prigione, anche in Italia si sta lavorando ad una normativa simile, l’idea sarebbe quella di costringere i produttori a determinate garanzie d’assistenza ai propri prodotti per almeno 10 anni. Statisticamente, in ogni casa, ci sono 8 prodotti inutilizzati in attesa di una manutenzione che non avverrà mai.
Fateci caso, nelle nostre famiglie, nascosti in un cassetto, in soffitta o in cantina, ci sono certamente degli elettrodomestici funzionanti non più utilizzati. Occorre anche dire (complice forse la crisi) che gli stessi consumatori tentano di sovvertire questo utilizzo dell’usa e getta. In Italia, fino al 2008, soltanto il 60% degli utilizzatori pensava di riparare il proprio ogetto elettronico, ora siamo siamo saliti all’85%. Il problema è che la grande industria tende a lasciar soli e senza manutenzione i propri prodotti per spingere all’acquisto di nuovi oltre a bombardarci di pubblicità.
Clamoro l’esempio riportato da alcuni analisti americani sulla durata media delle lampadine. Fino alla grande crisi del ’29 duravano mediamente 2500 ore, al momento di rilanciare l’economia, le grande aziende produttrici si misero d’accordo sottobanco per creare dei prodotti che non durassero più di 1000 ore, il tutto per cercare di rilanciare i consumi. Il sospetto è che lo stesso meccanismo stia avvenendo anche adesso.
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Riparare, riciclare, riutilizzare
Una considerazione importante è che proprio continuare ad utlizzare i vecchi prodotti ancora efficienti crea una nuova economia, nuove opportunità di lavoro e questo lo afferma qualsiasi ricerca che non sia “inquinata” dalle grandi aziende produttrici. Rigenerare un apparecchio, magari smontarlo e ripararlo rendendolo ottimale, venderlo riciclato, crea una vera e propria economia “circolare” che riduce l’inquinamento, fornisce lavoro a nuove maestranze, rende l’ambiente più pulito e vivibile. Il nuovo modello di sviluppo “meno spazzatura e più riciclo” è un passo fondamentale per uscire da un circolo vizioso che rischia di strozzare una economia ancor più debole in questi ultimi anni. D’altronde le stesse famiglie sono sempre più alla ricerca di prodotti di qualità, che durano nel tempo ed abbiano una assistenza garantita per anni. Speriamo che ciò avvenga sempre più per sovvertire questo deleterio andamento economico.
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