Un articolo di un nostro lettore che ha deciso di inviarci alcune riflessioni sulle recenti votazioni delle primarie di coalizione del centrosinistra

Le feste finiscono in fretta in politica…
Renzi aveva fallito già al primo turno: in realtà non è stata una vittoria, la sua, costringere il segretario al ballottaggio: il vero risultato è che non c’è stata quella valanga, quella rivoluzione che potesse sovvertire una nomenclatura stretta attorno al segretario Bersani e che da lui “riceve” agi e privilegi con migliaia di dipendenti e funzionari regolarmente pagati dal partito oltre a seggi sicuri in parlamento.
Una nomenclatura tretagona alimentata da migliaia di volontari pressochè tutti Bersaniani: e come poteva finire?
Solo con una vera rivoluzione elettorale si sarebbe potuto scardinare questo “stato di fatto” del PD, che ora continuerà con i suoi equilibrismi, quel suo dire e non dire, quel suo fare minimo che deriverà da decine e decine di “fumose” riunioni.
Un aspetto davvero da considerare, anche per chi è un convinto bersaniano, sarà quello di verificare se il PD manterrà questo “stato di grazia” nei sondaggi. Come saprete nelle ultime settimane il partito di Bersani è salito percentualmente fino al 34-35%, arrivando a livelli di quasi veltroniana memoria. A tutto questo occorre, adesso, togliere la “tara” Renzi.
L’impeto, comunque positivo e d’impatto, del sindaco di Firenze che proponeva una abolizione del finanziamento pubblico, nuovi leggi sul lavoro molto più simili a ciò che dice l’economista Ichino (strano che sia ancora nel PD), il rinnovamento radicale della classe dirigente e tanto altro… avevano certamente dato un forte impulso al partito democratico coinvolgendo nuovi, potenziali elettori.
Invece la sensazione di molti, adesso, è che tutto tornerà ad essere come prima, e molti di quelli che si proponevano di votare PD potrebbero tornare sui propri passi dirigendosi verso un centro moderato o anche di protesta alla Grillo.
Sarà davvero da verificare nelle prossime settimane, mesi, se l’onda positiva sondaggistica del PD tornerà indietro come in una risacca. Molti temono di sì e parrebbe anche comprensibile.
Renzi è sereno, ma altri potrebbero non esserlo.
Un’altra sensazione è che questa aspra battaglia lascerà degli strascichi nelle varie anime del partito. Un partito tretagono come il PD batterà cassa quando sarà ora di scegliere i parlamentari per le prossime elezioni: certamente chi si è schierato apertamente con Renzi troverà molta difficoltà ad avere un seggio in parlamento, perchè tanto ormai è chiaro: si voterà con il vecchio Porcellum e lì c’è poco da fare se il partito non ti vuole candidare.
Oltretutto è evidente che Bersani vorrà avere mani libere, almeno nel suo partito: ed avere come deputati venti-tre-quaranta “renziani” complicherebbe di molto l’attività del PD, senza contare frizioni ancor più ustionianti con Vendola (che grazie all’alleanza con il PD) porterà un bel po’ di deputati in parlamento.
Certamente ci sarà da sorridere quando si parlerà di regole, motivazioni, scelte politiche per cui molti “renziani” resteranno fuori dalle logiche di partito: ma la politica stessa è spietata, “guai ai vinti”.
La sensazione è di una prossima politica “paludosa”.
Certo, non nascondiamoci dietro ad un dito: Renzi avrebbe avuto enormi difficoltà ad attuare anche una minima parte delle sue idee. Soprattutto in un paese dove l’Italia “fa sistema” ed è difficile toccare enormi privilegi intrecciati in maniera saldissima a politica e affari. La sensazione è anche Renzi
non sarebbe riuscito ad incidere molto in questa situazione, ma sarebbe stata almeno una speranza.Ora l’asse Bersani-Vendola, forse con l’aggiunta di Casini, non promette nulla di buono (non per l’avvento dei “comunisti, queste sono sciocchezze), ma per il ritorno ad una politica “paludosa” dell’accontentare tutti e nessuno, delle cose dette, ridette, rimandate…

Alfredo Tassotti
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