Il mondo del lavoro tra 30 anni

Avete mai pensato a come diventerà il lavoro nel futuro? Analizzando le tendenze attuali e le ricerche di alcuni esperti, che da tempo studiano gli sviluppi, ecco la cruda verità su cosa potrà accadere al lavoro e alla vita dei nostri nipoti.

La netta sensazione è che chi parla di lavoro al giorno d’oggi non ha la più pallida idea di come sarà il lavoro un domani. Probabilmente riescono ad avere una qualche visione del prossimo mondo le persone che lavorano nella Silicon Valley o in tutti gli hub tecnologici che stanno rivoluzionando il nostro presente e futuro. Forse un’idea ce l’ha chi già adesso comincia a comprendere che il mondo del lavoro sarà totalmente stravolto, senza alcuna similitudine con il lavoro svolto oggi.

Basteranno solo 30 anni, solo tre decenni, seguendo le tendenze d’oggi e il mondo del lavoro sarà rivoluzionato in maniera catastrofica. Uno dei ricercatori che sostiene questa tesi è l’israeliano Yuval Noah Harari, uno storico saggista particolarmente attento alle nuove tecnologie. Una delle tesi sostenute da questo autentico guru del futuro, riconosciuto nella sua autorevolezza da centinaia di migliaia di lettori e studiosi,  è che ormai la società tecnologica iper-sviluppata e l’automazione prenderanno il sopravvento nel mondo del lavoro. Fin qui, bene o male, sono cose che già sappiamo o che qualcuno ogni tanto ci ricorda alla Tv, ma quello che non ci dicono è che il sopravvento della tecnologia sarà totale per certi versi disastroso.

Il tipo di lavoro per cui molti giovani stanno studiando adesso, non esisterà più

Nel giro di venti o trent’anni molti lavori spariranno tra gli esseri umani, i lavori saranno semplicemente “compilati” da un algoritmo. Un algoritmo che effettuerà tanti lavori molto meglio delle persone, e non ci si potrà opporre per alcuni semplici motivi: l’algoritmo analizzerà milioni di dati in pochi secondi, potrà connettersi a una qualsiasi fonte del pianeta per aggiornarsi istantaneamente con nuove informazioni e in tempo reale fornire servizi finanziari, medicali, tecnici informatici, nel campo dell’edilizia, decidere della tua vita e tanto altro ancora. La tecnologia renderà questi algoritmi molto più bravi di un qualsiasi essere umano a prendere decisioni importanti.

Siamo noi a fornire tutti i dati per seppellire il nostro lavoro nel prossimo futuro

I social, gli acquisti con le carte di credito, le geo-localizzazioni, i nostri post su Twitter, Instagram, Facebook, le nostre abitudini di vita raccolte nei supermercati, i nostri gusti e desideri, il tipo di vacanze… enormi banche dati immagazzinano tutto di noi, nei big data. Una raccolta di informazioni così estesa e mastodontica senza eguali nel passato e oltretutto, ora, c’è la tecnologia per vagliare queste montagne di numeri, in pochi secondi, grazie agli algoritmi. Certo, in cambio abbiamo alcuni aspetti positivi, ma i nostri dati li stiamo totalmente consegnando, senza neanche accorgercene.

Il convincimento e persuasione di chi governa i dati

Immaginate allora un mondo di esseri umani totalmente connessi, chi potrà avere su di noi o comunque sulla massa, la capacità di indirizzarci, persuaderci o magari consigliarci per il “nostro bene”? Ma certo, proprio i grossi player tecnologici che forniscono le piattaforme su cui, con smartphone e Pc, continuiamo a parlarci, vivere, lavorare. Non vi vengono i brividi solo a pensare che Mark Zuckerberg potrebbe (come si dice) candidarsi a presidente degli Stati Uniti d’America? Immaginate che impatto potrebbe avere il proprietario di Facebook sulle elezioni? Una forza mediatica capace di spazzare via qualsiasi concorrente politico, oltre a conoscere gran parte dei dati degli avversari, ovviamente.

Il lavoro sarà completamente automatizzato perché ci sembrerà conveniente, ma non è così

Il futuro più nero profetizzato da Harari è che avremo gran parte della popolazione a spasso, è vero, nasceranno altri lavori, ma anche quelli verranno ben presto automatizzati con l’affinazione di nuove tecnologie. Non aver lavoro, non avere un posto nella società, non avere quindi una utilità pratica, contrapposti ad una élite che avrà il controllo dei migliori algoritmi con un potere quasi illimitato rispetto alla massa.

Occorrerebbe iniziare adesso a porsi domande sull’etica della tecnologia, l’intelligenza artificiale, l’istituzione di una vera privacy su ciò che condividiamo con i big data. Aprire un dibattito profondo sul rapporto tra tecnologia e la povertà che si potrebbe scatenare. Contrastare sin da adesso il vantaggio di pochi ricchi tecnologicamente avanzati.

Il divario tra pochi esseri umani e la massa continuerà ad aumentare con il progresso tecnologico, chi governa la tecnologia avrà accesso a così tante possibilità da “schiacciare” gli altri, quasi esiliandoli da ogni ruolo sociale.

Dobbiamo avere subito un piano o sennò, ben presto, finiremo nei piani di qualcun altro“.

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